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Bagatti Valsecchi, una "casa" colma di bellezza: Antonio D'Amico

MILANO. Antonio D'Amico dallo scorso dicembre è il nuovo direttore del Museo Bagatti Valsecchi, dove dal 2021 ricopre anche la carica di conservatore: Vittorio Schieroni condivide con i lettori di ARTSTART un'intervista da lui rilasciata per approfondire la storia e le collezioni di uno dei gioielli dell'arte e della cultura milanese, con uno sguardo alle iniziative future in programma per la casa museo.


Nella foto: Antonio D'Amico, foto di Elena Datrino


Intervista di Vittorio Schieroni

Direttore ARTSTART


Vittorio Schieroni: Nel complimentarmi con lei per il recente incarico alla guida del Museo Bagatti Valsecchi, vorrei dare l'avvio a questa intervista chiedendole del suo percorso all'interno di questa Istituzione e dell'esperienza che fino ad ora ne ha tratto.


Antonio D'Amico: Intanto la ringrazio per i suoi complimenti. Io sono arrivato al Museo Bagatti Valsecchi dopo aver vinto un concorso al quale ho partecipato e dove la Fondazione Bagatti Valsecchi cercava un conservatore, in quanto la dottoressa Lucia Pini, che aveva rivestito questo incarico per diversi anni, era stata nominata direttrice della Galleria Ricci Oddi di Piacenza e quindi il Museo si trovava sguarnito. In quel momento il direttore era Pier Fausto Bagatti Valsecchi, uno dei quattro fondatori, insieme alle sue sorelle, del Museo, per cui la Fondazione cercava un conservatore. Io stavo benissimo a Domodossola, ero lì da cinque anni, avevo rivestito la carica di conservatore prima e poi direttore; ero nel momento più bello della mia carriera a Domodossola, perché avevo riaperto i musei, che erano chiusi da quarant'anni. Palazzo San Francesco era chiuso da quarant'anni. Avevo avuto un impegno molto bello, molto importante, gravoso, anche complicato, però devo dire che il legame che si era creato tra il territorio e i Musei mi dava tantissima gioia e tantissima soddisfazione. Però io amo le sfide, per cui questa possibilità di occuparmi di un museo così prestigioso, nel cuore di Milano – io ho sempre lavorato in quelle che vengono considerate in qualche modo le periferie dell'arte, la provincia italiana, che però è molto bella, ricca, vivace di iniziative e di idee – mi metteva tantissima eccitazione. Quindi, quando sono risultato vincitore di questo concorso, la gioia è stata veramente molto grande.

Da conservatore mi sono occupato innanzitutto della programmazione, della valorizzazione del Museo, dell'identità di casa museo Bagatti Valsecchi, quindi ho iniziato a ragionare per format, ho cercato di capire come le persone potessero avvicinarsi al Museo cercando di farlo diventare un luogo a loro caro e tornare all'interno del Museo magari più di una volta all'anno. Noi sappiamo oggi che il divario con i visitatori che tornano al Museo più di una volta l'anno è davvero molto forte, quindi la possibilità di creare questa riduzione e che la gente possa venirci più spesso all'anno, questa era una sfida che mi piaceva moltissimo. Devo dire che alla luce di questi due anni – io sono arrivato nell'ottobre del 2021 – sono passato da un numero di visitatori precovid di circa 18.000 e abbiamo chiuso nel 2023 con circa 39.000 visitatori, quindi lavorare per format ha aiutato tantissimo e questo è molto importante. Non solo, ho cercato anche di lavorare con la possibilità di portare mostre – se vogliamo – inizialmente invasive, ma che potessero dare alla casa una conformazione in qualche modo diversa, pur non snaturandola e, anzi, cercando sempre di capire come si poteva creare questo legante tra le cose nuove che entravano e l'arredo che c'è invece in collezione permanente.


In cosa consistono i format da voi presentati per coinvolgere i visitatori e ampliarne il numero?


Uno di questi format è "Stasera al Museo", per cui sono partito dallo studio dell'attività dei fratelli Bagatti Valsecchi e della famiglia Bagatti Valsecchi in quella casa, fino a quando l'hanno abitata – ossia fino al 1974 – e mi sono reso conto che era una famiglia che aveva tantissimi amici, che ospitava tantissimi personaggi illustri e soprattutto che amava circondarsi all'interno del bello di serate di musica, di spettacoli teatrali, recitazione: quindi "Stasera al Museo" per me ha voluto significare dare continuità a questo loro desiderio di star bene all'interno della bellezza, di gioire riflettendo all'interno della bellezza. Per cui ogni anno c'è una programmazione che va da marzo a dicembre: sono circa 18 appuntamenti tra musica e teatro, che sono sotto il cappello di un tema che di anno in anno io scelgo ispirandomi a uno dei motti latini che sono incisi all'interno della casa. Il motto, per esempio, a cui è stata dedicata la programmazione del 2023 è stato declinato con "le voci degli amori" e quest'anno il 27 di febbraio presenteremo la nuova stagione, per cui ancora non le dico qual è il tema del 2024. Un altro format che ha avuto molto successo e che quest'anno ripartirà da marzo è "In arte veritas", per cui le degustazioni di vino con una Cantina intermezzate da presentazione dell'arte, per cui l'unione tra arte e vino all'interno della casa muovendosi tra le varie sale del museo. Non solo, abbiamo anche inventato i "Drink and Meet", serate dove coniughiamo l'arte con la startup, la nuova imprenditoria, riferendoci a un pubblico giovane. Attività diversificate e che quindi inglobano un pubblico sempre più differente.

Queste sono le attività che ho cominciato a organizzare già dalla fine dell'ottobre del 2021 e che proseguono. Quest'anno, per esempio, iniziamo l'anno con un altro format – che quando è stato presentato è stato salutato con grande gioia dal pubblico, tanto è vero che ci sono già tante iscrizioni – che si chiama "Tea Talks", perché in casa Bagatti Valsecchi c'era questo rito, come in tantissime case milanesi del tempo, ossia bere il tè davanti al camino e chiacchierare amabilmente. C'è un motto all'interno della nostra "Sala della stufa valtellinese" che parafrasa Sant'Agostino e che dice che ognuno si può sedere davanti a quel camino, chiacchierare amabilmente, l'unica cosa che non ci è concesso fare è parlare male degli assenti. E noi, sorseggiando il tè, che sarà offerto da Cova, che è il nostro partner in questa attività, chiacchiereremo di storia dell'arte con due storiche dell'arte davvero molto brave, competenti e affascinanti.


La storia della casa museo prende il via alla fine dell'Ottocento dal sogno dei fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi che ristrutturarono questa dimora di famiglia arricchendola con dipinti e manufatti d'arte applicata quattro-cinquecenteschi. Quali sono, secondo lei, le caratteristiche principali che differenziano la visita di una casa museo rispetto a quella di un museo di stampo tradizionale?


Per rispondere alla sua domanda, la differenza è assolutamente netta e fondamentale, perché entrare in un museo oggi, come ce ne sono tantissimi nel mondo, anche in Italia, a Milano, significa fare un percorso tra sale asettiche, oserei dire, dove c'è un'infilata di opere d'arte – dipinti, sculture, arti applicate, oreficeria, insomma tutto quello che è il mondo dell'arte – che hanno una presentazione ordinata a seconda di come viene pensata dalla direziona artistica, per cui a seconda dei secoli, delle scuole, della tipologia artistica. Diciamo che il museo è un luogo dove io entro per vedere, per studiare, per osservare e lasciarmi invadere dal rapporto con l'opera d'arte, che è un rapporto diretto, ma anche passivo, ossia cammino in un luogo assolutamente asettico e poi mi fermo a guardare e il mio rapporto è soltanto con lo sguardo. Dico questo perché entrare all'interno di una casa museo è una cosa completamente differente, perché è come se il mio corpo entrasse, dal momento in cui varca la soglia dell'ingresso del museo, all'interno di uno status che a trecentosessanta gradi è un'opera d'arte, perché non ho un rapporto diretto solo con lo sguardo, ma entro col mio corpo all'interno di un'opera d'arte.

Quando i fratelli Bagatti Valsecchi a metà Ottocento aprono la loro casa, lo fanno con l'idea di mettere in pratica un sogno, come lei giustamente ha sottolineato: il loro desiderio è quello di aprire, realizzare una cellula abitativa tardorinascimentale, ma facendola alla fine dell'Ottocento. Già qui c'è qualcosa che non quadra: loro stessi avevano questo desiderio di entrare dentro un'opera d'arte, di viverla. Il dipinto lo vivo attraverso lo sguardo, la casa entrandoci col corpo, quindi all'interno della casa museo entro con il corpo all'interno di un'opera d'arte. Il loro sogno viene realizzato, lo vivono loro stessi e lo viviamo noi, perché entriamo in un mondo altro, in un contesto che già per loro era un mondo altro. Nell'Ottocento vanno alla ricerca di tutto quello che è il contenuto di una casa rinascimentale, quindi non soltanto arazzi, dipinti e sculture, ma anche suppellettili, per cui stoviglie, tappeti, armature, tutto. La bellezza della casa museo Bagatti Valsecchi è che innanzitutto non ha uno spazio asettico per le mostre: quando devo fare le mostre le faccio mettendo in connessione la collezione permanente con le mostre temporanee, già questo è un dato di fatto importante. Quando entro, quotidianamente, ho il rapporto con il pavimento, con quello che vedo esposto… il mio corpo si muove in relazione ad uno spazio, uno spazio colmo, madido di bellezza. Io ritengo che questa sia una differenza davvero sostanziale tra la visita di un museo e quella di una casa museo. Lo è ancora di più se penso che questa è la visita di una casa museo che è integralmente concepita come una casa museo: non ho spazi ripensati successivamente al loro concetto di allestimento, ma esiste solo quello e quello è ancora tuttora così, integro.


Quali tipologie di beni rientrano nelle collezioni del Museo?


Le tipologie sono tantissime, perché nella vita quotidiana siamo circondati da tantissimi oggetti, per cui potremmo dire che il Museo Bagatti Valsecchi è un museo dove convivono due anime insieme in maniera armonica, ossia l'anima tardorinascimentale con manufatti e oggetti del tardo Rinascimento, per cui tra fine Quattro e inizi Cinquecento – ci sono anche dei piccoli cofanetti di inizio Quattro o di fine Trecento –, e poi l'altra anima è quella del Neorinascimento, ossia dell'Ottocento, dove i Fratelli vanno in giro per l'Italia, prendono spunto attraverso fotografie, disegni di elementi rinascimentali, che danno poi in mano agli artisti del loro tempo e queste maestranze non imitano, non copiano, ma interpretano, per cui creano qualcosa di assolutamente originale. Per esempio, acquistano sul mercato antiquario oggetti meravigliosi di avorio, la clessidra, campane di bronzo, piuttosto che giochi, oggetti di uso quotidiano, palle per l'incenso… mettono tutte queste cose a disposizione degli scalpellini dell'Ottocento e questi creano, per esempio, degli stipiti straordinari che sono davvero una summa di arte tardorinascimentale, ma che sono l'espressione di un concetto neorinascimentale e quindi ottocentesco.

Queste due anime convivono e convivono creando una collezione che è davvero molto varia, per cui entriamo in un contesto dove tutto è posto allo stesso livello di importanza. Di questo si rese subito conto Pietro Toesca quando entrò in casa Bagatti Valsecchi agli inizi del Novecento e scrisse questo volume, "La casa artistica italiana. La casa Bagatti Valsecchi", e lì noi vediamo proprio come lui si rende conto di questo aspetto: che il dipinto, la scultura, la posata, piuttosto che l'oggetto di uso quotidiano sono dai Fratelli considerati alla stessa importanza. Questo è significativo, perché noi non possiamo dire che esiste presso il Museo Bagatti Valsecchi un'opera più importante rispetto a un'altra, ma tutto ha la stessa dignità, rilevanza, importanza. Questa per me era anche una sfida perché significava dare valore a tutti questi manufatti e darglielo attraverso una valorizzazione che passa da momenti di studio, catalogazione, digitalizzazione, come stiamo facendo, a momenti invece di mostre; per esempio abbiamo fatto l'anno scorso questa bellissima mostra a Teramo dove quaranta manufatti della nostra collezione sono partiti per andare all'interno del Castello della Monica a Teramo e per la prima volta abbiamo potuto ristudiare questi manufatti e capire la loro importanza, dalle armature agli elmi, a oggetti vitrei, cofanetti, insomma davvero qualcosa di importante.


(l'intervista continua dopo l'immagine)

Nella foto: Antonio D'Amico, foto di Elena Datrino


Quali beni sono maggiormente apprezzati dai visitatori, spiccando per la loro bellezza e rilevanza all'interno della storia dell'arte?


Ovviamente sarei bugiardo se omettessi il fatto che l'opera più importante che custodiamo al Museo Bagatti Valsecchi è la Santa Giustina di Giovanni Bellini, un'opera straordinaria, che l'anno scorso è stata al Musée Jacquemart-André, che adesso partirà per una mostra a Forlì, al centro di un dialogo molto importante per la storia dell'arte, dove si capisce proprio che tutto è contemporaneo e che per gli artisti i punti di riferimento anche in secoli lontani tra loro sono davvero rilevanti. Quindi la Santa Giustina di Giovanni Bellini è assolutamente il nostro più importante capolavoro. A breve partirà per un restauro molto importante e prezioso, anche con le indagini diagnostiche che verranno realizzate, il Ritratto di profilo del Beato Giustiniani di Gentile Bellini, altro capolavoro segreto, nascoso della storia dell'arte del Quattrocento che noi custodiamo e che speriamo di valorizzare alla fine del restauro attraverso una mostra importante, perché noi sappiamo che esistono di questo dipinto altre due versioni note, che però sono di formati diversi e con significative differenze, una alle Gallerie dell'Accademia di Venezia e l'altra all'Accademia Carrara di Bergamo. Sicuramente queste due opere sono importanti, ma altrettanto importante è il fatto che all'interno del Museo Bagatti Valsecchi abbiamo lo straordinario Giampietrino, per esempio questa Madonna con Bambino con Santi, un polittico, capolavoro assoluto di uno degli allievi più importanti di Leonardo, ma noi conserviamo anche la prima doccia calda che è stata realizzata nella storia, perché quando a Milano arriva l'energia elettrica, dopo la Scala come edificio pubblico, casa Bagatti Valsecchi come edificio privato è stata la prima ad aver avuto l'energia elettrica e la sperimentano attraverso la doccia calda. Toesca avrebbe detto che sono tutti e due capolavori, allo stesso livello di importanza.


Quali sono le principali attività che svolge la Fondazione Bagatti Valsecchi e come essa si posiziona nel contesto culturale milanese?


Come anticipato, il Museo Bagatti Valsecchi si sta muovendo attraverso la realizzazione di format e quindi contestualizza la propria immagine nel panorama culturale milanese proponendo attività significative e d'eccellenza, perché appunto "In arte veritas", "Stasera al Museo", "Drink and Meet", "Tea Talks" sono tutte attività che interessano un pubblico sempre più vario, ampio e lo invitano a tornare al museo più volte. Soprattutto il Museo Bagatti Valsecchi si posiziona come un luogo che non dev'essere considerato come un museo dove si può tornare una volta ogni tanto per andare a vedere la collezione, ma un luogo dove tornare a casa, stare bene, sentirsi accolto, dove si può dialogare e ascoltare; ad esempio facciamo anche i Salotti, dove parliamo di argomenti molto diversificati tra loro, che hanno a che fare con il mondo della cultura, con il mondo del vivere civile, dell'inclusività. È un posizionamento che cerca di accogliere un pubblico sempre più ampio, considerandosi un luogo che non è solo un museo, ma dove si può vivere e tornare più spesso.


Può anticipare quale impostazione darà al Museo e alcune iniziative che ha in programma di realizzare durante il suo mandato?


Durante il mio mandato voglio innanzitutto implementare il numero dei visitatori e questo lo farò attraverso il portare avanti questi format e queste importanti iniziative. Da marzo partirà ancora una volta "Stasera al Museo", con un tema molto interessante e con iniziative molto belle. Posso anticiparle che quest'anno entrerà all'interno del Museo Bagatti Valsecchi anche la danza attraverso coreografi e ballerini del Teatro alla Scala. Stiamo poi lavorando e voglio lavorare ancora di più con le Istituzioni per poter portare all'interno del Museo collezioni private che non si possono solitamente vedere, quindi realizzare mostre che possano creare ancora più interesse non soltanto verso il Museo, ma anche verso capolavori che difficilmente si possono vedere nei luoghi della cultura. Per cui questo è il mio interesse: continuare a lavorare con l'identità del format con l'implementazione del concetto di casa dove ognuno può tornare più volte sentendosi a casa propria, protetto e circondato dal bello. Poi le mostre, dando del Museo Bagatti Valsecchi un'immagine che sia sempre di più vicina alla gente e che possa sempre più accogliere tutti gli amici che vogliono tornare. Non dimentico, dal primo momento che ho messo piede all'interno del Museo Bagatti Valsecchi, che una volta aperta dai Fratelli la loro casa, il percorso di visita del palazzo inizia da una scritta incisa in caratteri latini sulla serliana che in italiano dice che questo è un luogo aperto e che sarà eternamente aperto agli amici. Questo è il concetto con il quale cercherò di perseguire questo mandato sperando di farlo nel migliore dei modi e soprattutto cercando di accarezzare i miei punti deboli, mai le mie certezze, perché credo che partendo dalle debolezze si possano implementare le certezze.


Intervista rilasciata da Antonio D'Amico a Vittorio Schieroni nel febbraio del 2024.

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