MILANO. Problemi e prospettive del settore antiquario ai tempi dell'emergenza sanitaria. Per affrontare queste tematiche, che riguardano l'attività professionale di centinaia di operatori del settore, ARTSTART si è rivolto ad Arnaldo Pavesi, antiquario e Segretario Generale della FIMA - Federazione Italiana Mercanti d'Arte, Organizzazione che rappresenta i Sindacati e le Associazioni di categoria. La FIMA aderisce a CONFCOMMERCIO - Imprese per l'Italia e si prefigge lo scopo di difendere gli interessi del commercio e dell'arte, di promuovere e incoraggiare la difesa, la conservazione e fruizione dei beni culturali.
Intervista di Vittorio Schieroni
Direttore ARTSTART
Vittorio Schieroni: Il comparto dell'antiquariato ha subito un forte contraccolpo in seguito all'emergenza sanitaria, che va ad aggiungersi a una complessa situazione preesistente. Quali sono, secondo lei, i problemi strutturali che caratterizzano il mercato italiano dell'antiquariato?
Arnaldo Pavesi: Ricorro a qualche numero per darle modo di comprendere la dimensione del problema. Il fatturato mondiale del mercato dell'arte è distribuito così: USA 44 %, GB 21 %, Cina 19 %, Italia 0,63 % (dati* 2018), ovviamente la parte preponderante dell'attività è intermediata dalle case d'asta. Cosa se ne deduce? Che, per quanto proprietaria di un incommensurabile patrimonio privato d'arte, l'Italia è e rimarrà un fanalino di coda del mercato mondiale dell'arte! I fattori che determinano questa differenza abissale tra noi e il resto del mondo sono ben noti. Il primo e il più pesante risiede nella difformità di trattamento degli operatori nazionali rispetto ai colleghi stranieri ed è dovuto alle regole coercitive che il Governo italiano impone all'esportazione di opere d'arte, tempi troppo lunghi e la totale discrezionalità dell'istituto della notifica da parte delle Soprintendenze. Non esistono linee guida che determinino con esattezza le caratteristiche che una determinata opera debba avere per essere di interesse statale e quindi non esportabile. Oltre a ciò dobbiamo ricordare che dopo il 2008 l'Italia ha subito una pesantissima fase economica recessiva dalla quale non si è ancora ripresa e che ha penalizzato fortemente il settore.
Tra questi problemi rientra anche un cambio del gusto da parte dei collezionisti?
Più che di cambio di gusto direi un diffuso disinteresse da parte delle nuove generazioni per l'arte antica, la cui conoscenza e apprezzamento implica passione, studio e approfondimento. Nella seconda metà del secolo scorso durante gli anni d'oro dell'antiquariato, un benessere diffuso dava la possibilità alle giovani coppie di arredare la loro casa con pezzi antichi, rappresentativi di un certo livello socio economico. Oggi gli status symbol tramite i quali si aspira a un immediato riconoscimento sociale sono altri, ritenuti più iconici e riproposti dai cosiddetti "influencer", i riconosciuti mediatori del buon gusto.
"Per quanto proprietaria di un incommensurabile patrimonio privato d'arte, l'Italia è e rimarrà un fanalino di coda del mercato mondiale dell'arte! I fattori che determinano questa differenza abissale tra noi e il resto del mondo sono ben noti".
Quali sono le nuove problematiche legate all'emergenza sanitaria che stanno colpendo gli antiquari?
Sono state così gravi e pesanti le problematiche citate prima, che nel tempo hanno determinato la chiusura di numerose botteghe di antiquariato, che l'attuale fermo di un paio di mesi dell'attività di coloro che hanno resistito non penso che abbia potuto produrre danni peggiori. Semmai è l'immediato futuro a preoccupare, l'impoverimento conseguente alla stasi economica inciderà ulteriormente e pesantemente sulla classe media, e temo che produrrà un ulteriore calo del fatturato.
Come hanno tentato di reagire gli antiquari italiani a questa difficile situazione?
Le ditte più strutturate si sono dotate di sedi all'estero, altre hanno partecipato a mostre internazionali come TEFAF a Maastricht e a New York, e hanno ottenuto ottimi risultati e riconoscimenti.
"Aprirsi al mercato mondiale. In un panorama economico globalizzato, rimanere chiusi nella ristretta nicchia del mercato nazionale significa prima o poi soccombere".
Quali sono, secondo lei, le possibili strategie per il rilancio della categoria?
Ne esiste una soltanto, aprirsi al mercato mondiale. In un panorama economico globalizzato, rimanere chiusi nella ristretta nicchia del mercato nazionale significa prima o poi soccombere. Esistono interessanti piattaforme professionali di e-commerce che con gli strumenti idonei permettono di affacciarsi al mercato mondiale.
Per concludere, vorrei chiederle se sarà possibile, secondo lei, una ripresa del settore in tempi rapidi o quantomeno nel medio periodo.
I flussi e riflussi della storia del commercio d'arte ci insegnano che dopo una fase caratterizzata dal successo di un’estetica in voga, per reazione, dopo un determinato periodo, un’altra prende il sopravvento. Oggi è l’arte contemporanea a fare la parte del leone. Gli antiquari attendono fiduciosi.
Nella foto: Arnaldo Pavesi.
* I dati citati sono tratti da: C. McAndrew, The Art Market 2019, an Art Basel & UBS Report, 2019.
L’intervista ad Arnaldo Pavesi è stata realizzata da Vittorio Schieroni nel mese di maggio 2020.
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