MILANO. Vittorio Schieroni intervista Franco Marrocco, Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Brera, storica e importante Istituzione indissolubilmente legata alla vita artistica di Milano. Marrocco, Docente di Pittura e lui stesso apprezzato artista, offre ai lettori di ARTSTART l'opportunità di approfondire la conoscenza di uno dei principali punti di riferimento a livello internazionale per l'insegnamento delle arti, tra passato e futuro, tradizione e innovazione. Presente all'incontro in Direzione a Palazzo di Brera l'amico in comune Antonio Battaglia, titolare dell'omonima galleria milanese, che ha favorito la realizzazione dell'intervista.

Nella foto: Franco Marrocco e Vittorio Schieroni
Intervista di Vittorio Schieroni
Direttore ARTSTART
Vittorio Schieroni: Da pochi mesi è tornato a dirigere l'Accademia di Belle Arti di Brera, un ruolo che ha già ricoperto dal 2012 al 2018. In questo lasso di tempo sono avvenuti grandi cambiamenti, tra cui una pandemia. Quali sono le nuove opportunità e criticità che si trova a dover affrontare?
Franco Marrocco: Ci vorrebbe un'enciclopedia per rispondere a questa domanda. Ѐ cambiato il sistema, il sistema uomo, il sistema comunicazione, di rapporti, della politica. In questi pochi anni è cambiato tutto. Per l'arte, di cui noi facciamo formazione e cerchiamo di farla bene – di cui siamo stati sempre e speriamo di rimanere all'apice della piramide per la formazione –, sono cambiati i modelli. Tutto quanto. Proprio la pandemia ci ha sbarrato la strada per quanto riguarda alcune questioni su modelli ancora modernisti. Oggi siamo in una nuova situazione, in una nuova rivoluzione culturale, perché siamo immersi in questa ipertecnologia che ci sta facendo riflettere su quale sia il senso delle cose che noi dovremmo fare per capire che funzione abbia l'uomo in tutta questa tecnologia. Che cosa dobbiamo fare noi? Qual è la funzione dell'arte in questo contesto? Probabilmente se noi non siamo capaci di dare delle risposte a questi temi rischiamo di fare dei percorsi che possono apparire inutili. Questa credo sia una delle scommesse su cui bisogna fare dei ragionamenti, a cui non ho risposta, a cui nessuno ha risposte adeguate in questo momento. Dal punto di vista della formazione noi andiamo avanti cercando di cambiare modelli, cercando di adattarci a questa ipertecnologia e di individuare dei percorsi che possano dare senso a un futuro.
Brera è una delle principali accademie italiane: qual è, a suo parere, il valore aggiunto che la contraddistingue e che viene acquisito dagli studenti?
Brera nell'ultimo secolo ha acquisito delle credenziali straordinarie, perché, forse prima delle altre accademie, si trovava in una congiuntura che era più occidentalizzata rispetto alle accademie italiane o ad alcune accademie europee, perché il "front" accademia come denominazione negativa, come pompierista, che era il retaggio ottocentesco, Brera lo ha risolto attraverso un meccanismo che si chiamava una volta negativamente "la questione del mercato". Lo spostamento guardando verso l'Occidente ha posizionato Brera rispetto all'Accademia di Firenze - dico Firenze che forse è la più antica tra le accademie italiane, che nasce dopo la morte di Michelangelo - a trovarsi nella congiuntura giusta. In questo periodo abbiamo guardato alla dicotomia arte e mercato o fruitore in maniera differente. Non era un contenitore dove la riflessione rimbalzava su se stessa e faceva proiezioni all'interno, cosa che di per sé diventava pompierista. La mia convinzione è che Milano fosse in questa congiuntura rispetto a dei fatti dell'arte che poi sono stati amplificati dall'altra parte dell'Oceano, nell'estremo Occidente, forse anche troppo, perché tutte le cose eccessive portano anche il negativo. Questa è una mia considerazione. Poi, rispetto ad altre accademie, noi abbiamo avuto dei professori che sono stati dei testimoni del Novecento. Questi artisti, autori, intellettuali hanno saputo interpretare la contemporaneità e il respiro dell'uomo. Ѐ questo il gioco, il gioco doppio che si è innescato, guardando sempre al futuro.
Pittore e Docente di Pittura: come vive questa duplice natura nel dialogo con i suoi studenti?
Ѐ semplice: nella vecchia considerazione il docente porta la verità, porta il sapere, per cui insegna. Basta giocare al contrario, nel senso che il vero professore non insegna, ma impara. Insegnare e imparare: se il professore è in grado di imparare, è anche in grado di insegnare qualcosa. L'assunzione a portatore di verità è una bugia colossale. Il professore è colui che mette in discussione il tema, ma non porta alla risoluzione. La risoluzione è definita attraverso l'enigma di una risposta che è coerente nel momento in cui la diamo, ma incoerente a volte con il senso dell'universo delle cose.
Quando e come è iniziato il suo percorso nel mondo dell'arte?
Quando è iniziato… quando inizierà! Io ho studiato all'accademia negli anni Settanta, quando si parlava della morte dell'arte. Fare l'artista in quegli anni significava non fare l'artista, perché l'artista era colui che alla fine aveva smesso di fare l'artista. Ci siamo trovati in quel passaggio che andava da questa concettualità estrema della morte dell'arte - e il cadavere dell'arte era già lì da un pezzo - a uno spostamento che era quello postmodernistico e di attribuzione di valori differenti. Pertanto dire che io ho cominciato a fare l'artista in quella data non sarebbe corretto, anche perché fare l'artista non vuole dire prendere una patente, ma assumere un atteggiamento culturale, anche ideologico, nei confronti delle risposte individuali rispetto al collettivo o delle risposte collettive rispetto all'individuale. A un certo punto si comincia come quando si nasce, non decidi di nascere.
L'Accademia di Brera ha una storia lunga e prestigiosa. Come potrà essere, secondo lei, il futuro di un'Istituzione tanto importante in una realtà sempre più veloce e complessa?
Il futuro dell'Accademia di Brera si chiama Via Brera 28 e Campus delle Arti. Campus delle Arti sarà lo sviluppo dell'Accademia di Brera. Da qui a qualche tempo Brera avrà uno sviluppo che la farà diventare l'accademia più grande dal punto di vista fisico a livello italiano e forse anche a livello europeo. Il Campus delle Arti sarà dove si vive l'arte, non un'altra Brera, ma il campus dove l'uomo, l'autore, l'artista, lo studente vive. Noi contiamo su uno sviluppo che sarà straordinariamente eccezionale. Magari io non avrò la possibilità di vedere tutto questo sviluppo, ma mi piacerebbe far partire la scintilla per potenziare questo futuro di Brera.

Nella foto: Antonio Battaglia, Franco Marrocco e Vittorio Schieroni
L'intervista è stata rilasciata da Franco Marrocco a Vittorio Schieroni venerdì 17 gennaio 2025 presso la Direzione dell'Accademia di Belle Arti di Brera a Palazzo di Brera, Milano.
Le immagini che accompagnano il testo sono state scattate durante l'incontro.
Si ringrazia Antonio Battaglia, titolare della Galleria Antonio Battaglia di Milano, per aver favorito la realizzazione dell'intervista.
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