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Intervista a Carla Tolomeo: la magia della trasformazione

Aggiornamento: 2 mag

MILANO. L'artista, pittrice e scultrice Carla Tolomeo (Pinerolo, 1941) riceve Vittorio Schieroni nel suo studio, un luogo ricco di colore, poesia ed eleganza, tra dipinti, sculture in ceramica e le celeberrime poltrone-sculture che rappresentano un vero e proprio inno alla fantasia: ne scaturisce una piacevolissima conversazione che tocca diversi aspetti della sua storia personale e del suo percorso artistico.


Nella foto: Vittorio Schieroni e Carla Tolomeo nello studio dell'Artista


Intervista di Vittorio Schieroni

Direttore ARTSTART


Vittorio Schieroni: Ho avuto il piacere di ammirare la sua esposizione al Superstudio Più nel corso della recente Milano Design Week, con diversi lavori da lei realizzati e l'immagine della grande scultura L'Albero della Vita, presentata al Museo di Palazzo Mocenigo durante la Biennale di Venezia 2024. Ci può parlare di questa affascinante opera?


Carla Tolomeo: Volentieri, devo dire che sono molto orgogliosa di quest'opera. Sono stata chiamata a Venezia dalla Presidente dei Musei, che mi ha chiesto se avessi un'idea. Ed io ce l'avevo. L'idea mi è nata dalla frequentazione con Borges e dalla lettura del suo Manual de zoología fantástica, poi in una città d'acque come Venezia. Mi ha chiesto di parlargliene ed io gliel'ho disegnata, perché io non so parlare, so disegnare. Così le ho fatto il primo disegno abbozzato di quest'albero, che in verità è un animale, fa parte dei mostri delle cosmogonie, si chiama Bahamūt, è un pesce enorme che esce dall’acqua e poi si trasforma. Si trasforma in tante cose, in un cervo, in un facocero, un uccello, un pappagallo, una tartaruga… alla fine è un angelo che tocca il cielo.


Molto poetica come immagine della vita.


Sì, è la vita. Devo dire che io non avevo capito questo senso metamorfico finché non sono stata in una foresta amazzonica. Quando sono stata dentro la foresta, ho visto che un albero nasceva in un modo e diventava tante altre cose, perché un albero non è mai solo un albero: è un'orchidea, è un innesto spontaneo, eccetera… Ho capito che tutta questa favolistica leggendaria sudamericana nasceva dall'osservazione della natura.


Ancor prima dell'Albero della Vita, da dove deriva il suo immaginario fatto di piante, animali, lune e altri elementi fantastici?


Credo di esserci nata, forse perché ho avuto un'infanzia magica di cui sono ancora debitrice alla mia mamma. Noi siamo nati e cresciuti in una piccola città del Piemonte, ai piedi delle montagne, anche se poi per la professione di mio padre abbiamo viaggiato il mondo. Questo ci ha dato la capacità di adattarci a qualsiasi situazione, qualsiasi clima, qualsiasi incontro, mantenendo però intatte le nostre radici. Le nostre radici pedemontane sono anche radici catare, quindi abbiamo questo senso grandissimo della natura connaturata all'uomo. Quest'armonia che si stabilisce tra l'uomo e la natura. In me, poi, ha trovato un terreno fertile, perché io amo gli animali, amo le piante, fanno parte proprio del mio vissuto. Raffigurare un albero era come raccontare la mia vita. Attraverso quell'albero io ho raccontato me, le mie esperienze, le mie emozioni, il mio presente, il mio passato e forse anche un po' il mio futuro.


Siamo tornati alle origini del suo immaginario, ma come è nato il suo percorso artistico?


Sa, è connaturato: io ero una bambina in questo luogo magico dove sono cresciuta, un luogo in collina a Pinerolo. Da bambina ho avuto il privilegio di vedere i "piccoli uomini" nell'erba, ci convivevo, forse perché ero una bambina un po' sola. Sembra che io abbia iniziato a esprimermi dapprima con una matita sul muro senza parlare e che abbia parlato tardivamente, in maniera assolutamente forbita e chiara, per cui ne hanno dedotto che io sentivo, capivo, deducevo, ma in verità quello che mi importava era disegnare, segnare.


Dare vita a un'immagine, creare visivamente qualcosa.


Un'immagine, sì. Poi siccome sono cresciuta in una famiglia tradizionale, erano orgogliosi della figlia, ma di fare il liceo artistico non se ne parlava proprio. Per cui ho dovuto seguire un "cursus honorum" - si fa per dire - tradizionale per poi conquistarmi la libertà dopo i vent'anni. Dopo i vent'anni ho potuto dire a mio papà che volevo dipingere, ma prima l'avevo minacciato di andare a fare la segretaria all'Ambasciata in Siria.


Nella foto: Carla Tolomeo

Nella foto: Carla Tolomeo ritratta da Paolo Vegas


Ha capito che non era il caso di opporsi.


Non era il caso. Era anche un'epoca diversa; ora è inimmaginabile, ma la mia era un'epoca di obbedienza ai genitori e di rispetto, per cui non avrei mai voluto dare loro un dispiacere.


Le sue opere tessili uniscono arte e design: qual è, secondo lei, il confine tra esperienza estetica e funzione pratica? Sempre che esita.


Il limite non esiste, è questo mondo contemporaneo che ha creato le caselle e le categorie, perché, se ci pensiamo, l'arte all'origine era didascalia, era fumetto. La gente non sapeva leggere e non sapeva scrivere, allora ti raccontavano i grandi fatti della Bibbia dipinti: la pittura era un tramite, un dialogo per insegnarti le cose. Anche gli affreschi di Giotto, erano come le pagine di un fumetto: qui c'è San Francesco, San Francesco che restituisce i vestiti a suo padre, San Francesco che riceve le stigmate… la gente su questo cresceva, imparava, sognava. Quindi, secondo me, non è giusto creare dei limiti a tutto quello che è espressione d'arte: finché in qualche modo si rappresenta l'immaginifico, si rappresenta qualche cosa che ti porta a pensare, a vedere… va bene tutto, è la grande liberazione di certo contemporaneo, che però si riallaccia alle origini. Pensiamo agli scranni delle chiese medievali, gli autori non si firmavano neanche, era alto artigianato, però erano artisti. Pensa ad Antelami: era un designer, uno scalpellino, uno scultore? Cos'era?


Era un artista.


Era un artista e l'artista si esprime a tutto campo.


A questo proposito, quali sono gli artisti o le figure in ambito culturale che più hanno influenzato la sua arte?


Intanto, vorrei dire che, durante la mia magica infanzia, ho avuto la fortuna di essere ospitata da de Chirico. Diciamo che è stato quasi un condizionamento. Io ero una bambina, non ho mai avuto quel senso di rispetto per un autore, per me lui era una specie di nonno, simpatico, facevamo le birichinate insieme, c'era una grande complicità, una grande amicizia. Io non mi rendevo conto di vivere nei pomeriggi dopo scuola accanto a uno dei grandi del secolo, per me era un amico. Questo mi ha influenzata molto. La cosa che forse mi ha influenzato di più è il suo quadro Mobili nella valle: lì la poltrona è entrata nel mio immaginario. Dopodiché ho dipinto una serie di ritratti di Proust in cui non c'era Proust, c'era la sua poltrona. Ho fatto questo grande quadro di cui tanto ha parlato Sgarbi, La bianca poltrona per Ritsos, perché ad Atene avevo incontrato Ritsos e l'unica cosa che aveva salvato della sua vita era una poltrona, quindi ho dipinto questa sua poltrona. Qualcuno mi ha chiesto il perché del mio interesse nei confronti della poltrona: perché è un autoritratto. Ѐ un oggetto utile, ma anche un oggetto religioso e anche imperiale. Un giorno, per un catalogo per Hermès, ho spillato da alcuni testi la dimostrazione che nei romanzi tutto avviene tra il momento in cui uno si siede e il momento in cui uno si alza.


Per concludere, c'è qualcosa che la occupa o la interessa in modo particolare in questo periodo, qualcosa che ha in mente?


Adesso ho in mente una cosa abbastanza grandiosa. Non sono la prima ad averla percorsa, però in questo mio processo di trasformazione - perché in fondo quello che io racconto è la trasformazione - mi sono detta che la trasformazione deve essere estrema. Adesso trasformo delle vecchie sedie in troni, dei pezzi di legno in rami… ma deve essere veramente trasformazione. Siccome tra i miei collezionisti c'è un signore che tratta la spazzatura, ho voluto vedere e ho visto la Milano che noi non conosciamo, dove si accatasta la produzione giornaliera di spazzatura che noi produciamo. Ѐ una cosa da paura. Nello stesso momento capisci che le risorse primarie stanno finendo, che si sta esaurendo il mondo. Quindi bisogna che d'ora in avanti si abbia a che fare con questa roba puzzolente e trasformarla in arte: la mia scommessa adesso è questa, se mi riesce…


Nella foto: Carla Tolomeo


L'intervista è stata rilasciata da Carla Tolomeo a Vittorio Schieroni il 29 aprile 2025 a Milano presso lo studio dell'Artista.
Le immagini che accompagnano il testo sono state scattate durante l'incontro oppure gentilmente fornite dall'Artista.

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